“Preghier d’opaco vetro” è parte del primo verso della poesia omonima che ho scritto appositamente per questo brano. La lirica è composta da un distico di endecasillabi, una terzina di settenari e di nuovo un distico di endecasillabi.
Essa si basa sulla forte ambiguità circa il motivo di questa intima preghiera che una persona, evidentemente disperata, bisbiglia fra sé e sé ma anche e soprattutto circa il gesto drammatico che viene descritto nell’ultimo verso ma che non viene nominato.
La poesia inoltre presenta delle particolarità a livello grafico, ad esempio le parentesi tonde che cingono il primo distico che rendono più reale il bisbiglio, “appare” in maiuscolo che dà la subitaneità dell’apparzione, i tre punti che seguono “il Male” che ricercano l’infinito descritto in quel verso (Sempre cerca – il Male), la grafia in crescendo della parola “gridai” e la mancanza di punto fermo a seguito, descrivendo in tutta la sua potenza il grido che si leva e si amplifica senza barriere, perdendosi lontano, ecc.
Musicalmente tale ambiguità è resa mediante la mancanza di tempo, di battute (tranne rari casi) e l’utilizzo di armonie sospese.
Le tre sezioni della poesia vengono riportate in altrettanti momenti musicali, il primo inquieto, il secondo contemplativo e l’ultimo come ripresa del primo ma ancora più inquieto e portatore, infine, di quel gesto drammatico di cui non conosciamo la natura, ottenuto grazie allo sforzato sul pedale.