Questa sonata nasce dall’ambizioso progetto di riunire, in un’unica opera, momenti e stili diversi. Ogni movimento, infatti, è nato in un periodo diverso della mia vita (personale e compositiva), risentendo di stili, umori, capacità tecniche e ambizioni molto diverse fra loro. Proprio questa ricca diversità stilistica mi ha dato la possibilità di creare un brano capace di racchiudere in sé il concetto, di stampo romantico, di una Europa unita, i famosi “Stati Uniti d’Europa”, concetto a me molto caro.
Utilizzando il filo conduttore delle campane (evocate fisicamente nei loro rintocchi, ma anche idealmente nei loro plurimi significati simbolici) ho fuso insieme queste molteplici esperienze in una lega tanto varia quanto resistente, fatta di rintocchi sparsi per ogni movimento, di effetti sonori allusivi per giungere, infine, alla citazione letterale del tema del Big Ben londinese, il quale diventa soggetto per una fuga “con alcune licenze”.
La scelta di questo tema, ovviamente non è casuale. Vi sono innumerevoli motivazioni che mi hanno spinto ad adottarlo ma mi limiterò a enunciarne solo alcune. Sicuramente in virtù del mio profondo legame personale con la Gran Bretagna e, in particolare, con Londra; inoltre è dovuto alla necessità di trovare un vero e proprio tema (sempre tratto dal mondo delle campane), ben noto, con cui concludere felicemente questa unificazione continentale, tema che non avrei saputo riscontrare in altri illustri campanili europei.
Infine la motivazione più rilevante: così come ad ora l’Inghilterra rappresenta il paese meno europeo ed europeista in assoluto (basti notare la differenza di moneta, di abitudini stradali nonché relative a qualsiasi altro ambito, l’essere più o meno implicitamente satellite americano, ecc.), così questa fuga, di derivazione anglosassone, vuol farsi inno europeista par excellence, invertendone quindi l’odierna tendenza.